Death Valley – Las Vegas

La Death Valley è un parco e quindi occorre pagare l’ingresso 20 Dollari, oppure avere la tessera interparco che abbiamo fatto noi.  

Prima delle 8 eravamo dentro al parco.

La strada è veramente divertente, un lungo rettilineo pieno di continue cunette. Sembrava di essere sulle montagne russe, fantastico!

Abbiamo fatto diverse escursioni. Per un paio delle quali è necessario fare qualche miglio su strada sterrata. Ci siamo concentrati sulla parte centro sud del parco, tralasciando quella Nord. Noi siamo entrati dall’entrata Ovest e siamo usciti da quella sud, quella dello Zabriskie Point, quella che va verso Las Vegas.

Abbiamo seguito le indicazioni della guida “Le Routard”. Avevamo anche la Lonely planet sui parchi ma era veramente povera di info. Molto meglio l’altra che si chiama USA OVEST I PARCHI NAZIONALI.

Non ha sbagliato un colpo.

Abbiamo fatto il Mosaic Canyon

poi siamo andati a passeggiare in mezzo alle dune di sabbia di Mesquite Flat sand.

 

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Abbiamo fatto il Sal Creek Interpretative  Trail un percorso di una passerella di legno di circa un miglio, dove abbiamo visto le lucertole bianche che abitano il parco.

La temperatura intanto incominciava a salire sopra i 110 Fahrenheit. Siamo andati a fare il giro di Artist’s Drive che si fa in macchina lungo un percorso a senso unico molto carino. Arrivati in cima si scende per vedere la colline di colori diversi a seconda del materiale che le compone. Una macchina arrivata al parcheggio inspiegabilmente era andata oltre la barriera e la stavano ritirando su.

Ci siamo portati tanta acqua e abbiamo fatto bene. Il caldo è secco e si sopporta abbastanza bene ma occorre bere molto.

Siamo andati a Badwater, il punto più basso di tutti gli Stati Unit 86 metri sotto il livello del mare e anche il punto dove si registrano le temperature più alte, 57 gradi all’ombra. C’era gente che faceva la classica prova di cuocere un uovo sull’asfalto e ci riusciva perfettamente. La temperatura era di cura 48 gradi centigradi. Il telefono che avevo in mano per fare le foto è andato in blocco termico!!

Dopo una breve passeggiata siamo risaliti in macchina; siamo passati dallo Zabriskie Point e siamo partiti in direzione Las Vegas. Contenti di essere arrivati presto al mattino e di aver visto molte parti di quell’immenso parco(il più grande degli Stati Uniti).

Un paio d’ore abbondanti di guida in mezzo al deserto e da un posto con poche persone e auliche lucertola arriviamo ad una delle città più cotiche del mondo. Siamo all’Excalibur, uno degli hotel-casinò della Strip, fatto a forma di castello, ma colorato con colori pastello tipo fiaba.

Fila di una mezzoretta per fare il check-in.

Veniamo subito colpiti dall’immensità di tutto quello che ci circonda. Enorme sala slot machine enormi bar enormi ristoranti tutto dentro l’albergo.

Saliti in camera, fatta una doccia e cambiati, scendiamo alle 16 per fare quella che per loro è già una cena al ristorante Buffet (all you can eat). Essere a Las Vegas e non provare il ristorante a Buffet non si può! Fra l’altro avevamo fame perché dopo colazione non avevamo pranzato. Dopo l’esperienza del buffet… massima esaltazione dell’opulenza e dello spreco americano. Facciamo una passeggiata digestiva lungo la Strip, anche perché Bruno è in fissa con le scarpe e allora andiamo a cercare negozi della Nike e Adidas per accontentarlo.

Il caldo umido, la folla infinita, il rumore, le sale da gioco che si susseguono una all’altra, la riproduzione finta fintissima di New York, Parigi, Venezia, Bellagio, in un caos totale di traffico, veramente mi è sembrato l’inferno! La cosa che mi ha fatto ridere è che in quell’ambiente abituato all’eccesso, ai fiumi di bevande zuccherate, all’alcol, alla libertà di farsi una canna, alla prostituzione legalizzata cosa rimane da vendere di nascosto?

Diversi anni fa a New York in Washington square mi si era avvicinato uno che guardandosi nervosamente attorno mi aveva chiesto: smoke? Do you want smoke? Indicandomi il suo borsello….

Oggi a Las Vegas si ripropone una scena simile. Un ragazzo con i capelli lunghi, ma ben vestito e un borsello in pelle a forma di bauletto a tracolla, mi si avvicina, si guarda intorno con fare circospetto e quasi mi sussurra all’orecchio ….”ICE COLD WATER”…. la trasgressione più grande è diventata una bottiglietta d’acqua fresca!!!!! Ed effettivamente in quel contesto trovare dell’acqua fra bicchierini giganti di bevande colorate offerte in ogni dove, non era affatto facile.

La cosa che mi ha colpito di più, in senso negativo dal mio punto di vista, ma magari altri potrebbero anche apprezzare perché comunque tecnicamente è una cosa straordinaria, è stato lo shopping center all’interno del Cesar Palace. Qui sono arrivati a riprodurre il cielo. Grazie ad un sistema complesso di proiettori, uno pur essendo all’interno vede un cielo, finto, che cambi a seconda de momento della giornata. Dentro gli hotel ovviamente l’aria condizionata è sparata a livelli assurdi e il caldo afoso dell’esterno non penetra anzi soprattutto ai ristoranti è meglio andarci con giacchetta a maniche lunghe.

Il ritorno lo abbiamo fatto passando dal un hotel all’altro internamente.

Distrutti siamo rientrati nel nostro hotel, ci siamo giocati qualche dollaro alle macchinette infernali che veramente tolgono la concezione del tempo e dello spazio a chi sta loro davanti, avvolgendolo in un turbinio di luci e suoni che impediscono anche di guardarsi attorno.

Rientro in albergo con tempismo perfetto visto che dopo qualche minuto si è scatenato uno dei più violenti temporali che io abbia mai visto. Il vento soffiava contro le finestre della camera al sedicesimo piano e sembrava volerle rompere. La televisione il giorno dopo ci ha informato che ci sono datati diversi incidenti gravi durante la notte e che il parcheggio dell’università era completamente allagato. C’era una foto su un giornale on Line di buontemponi universitari che si erano portati il materassino e con quello passavano da una macchina all’altra del parcheggio. Perché ovviamente il giorno dopo il nubifragio era già un ricordo il caldo sole aveva ripreso il suo posto in mezzo a cielo.

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